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Prolusione per la cerimonia del conferimento del gonfalone d’argento da parte del Consiglio regionale della Toscana alla memoria di Giorgio Nissim
Palazzo della Regione, Firenze 28 aprile 2003
Questa è la storia di un eroe ebreo durante la seconda guerra mondiale. Eroe è colui che compie un'impresa fuori dalla norma, mettendosi in gioco in prima persona e non curandosi di sapere se il suo operato andrà a buon fine o se sarà interrotto dalla sorte, dalla malevolenza altrui, dallo schieramento nemico. Nissim appartiene a questo genere umano, raro e prezioso, generoso verso gli altri e riservato verso se stesso. Per raccontare la sua impresa dobbiamo riferirci ad un momento che precede la seconda guerra mondiale e ad un'istituzione americana che ha tra i suoi obiettivi l'altruismo, la solidarietà, il soccorso sociale ed economico delle comunità ebraiche oppresse in Europa. Questa grande istituzione si chiama American Jewish Joint Distribution Committee e funziona fin dal 1917. Durante il regime hitleriano il Joint moltiplica i suoi interventi in Europa, offrendo agli ebrei tedeschi costretti ad emigrare dalla Germania soccorso, consigli, aiuto economico, materiale, psicologico, sociale. L'espulsione degli ebrei dalla Germania e dai paesi via via occupati, provoca una scia incontenibile di disperazione. Una massa di profughi cerca un paese dove andare, qualsiasi esso sia, in Sudamerica, come in Estremo Oriente, mentre le porte della Palestina sono ermeticamente chiuse con la chiave nelle mani degli inglesi che la governano e vogliono evitare problemi con gli arabi impedendo agli ebrei di entrarvi. L'Italia è terra di passaggio: tra il 1938 e il 1943, migliaia di rifugiati ebrei in transito o in attesa di visti vi si riversano. Hanno bisogno di tutto: non sanno la lingua, non sanno dove dormire, il Joint, opportunamente contatto per vie segrete, aiuta finanziariamente anche l'istituzione di soccorso ebraica italiana chiamata Delasem. Questa è un'emanazione dell'Unione delle Comunità Israelitiche Italiane nata alla fine del 1939 a Genova per assistere i profughi nel loro transito in Italia: organizza le partenze, fornisce informazioni su paesi disposti ad assorbire profughi, indirizza gli stranieri verso questa o quella soluzione abitativa provvisoria. Sui profughi pende la legge emanata nel 1938 che li espelle automaticamente dall'Italia. Nel giugno del 1940 è la guerra, i rifugiati non hanno più nessuna possibilità di lasciare il paese, chiuse le frontiere, chiusi i mari, chiusi i permessi di immigrazione. I maschi vengono internati in speciali luoghi di internamento. La stessa sorte toccherà ai nuovi profughi yugoslavi internati in Italia con le famiglie a partire dall'autunno del 1941, dopo che l'Italia ha occupato una parte di quel territorio. La Delasem ha ora nuovi immensi compiti: procurare vestiario, libri, medicinali, suppellettili da distribuire, curare i contatti con gli internati allontanati in sperduti paesi dell'Appennino o delI'Italia meridionale. Nissim, il nostro Nissim, fa parte del Comitato direttivo della Delasem, è instancabile nell'opera di assistenza, sua è l'idea di creare "L'Azione speciale bambini", una specie di adozione a distanza dell'epoca, dove bambini e ragazzi stranieri internati sono affidati psicologiamente e materialmente a un patrono o a una patronessa delle comunità ebraiche italiane. Il grande archivio di questa azione viene centralizzato a casa sua a Pisa, dove sono rimaste fino ad oggi schede di bambini richiedenti vestiario, libri e altri oggetti di uso comune. Siamo ancora in un periodo in cui è in vigore la legge che sottrae agli ebrei i diritti civili, gli ebrei stranieri e gli antifascisti perdono la loro libertà, ma le regole della convivenza umana non sono ancora del tutto stravolte. La guerra, più tardi, imbarbarirà tutto. Nella primavera del 1942, i tedeschi scatenano anche nell'Europa occidentale occupata la loro politica di sterminio verso gli ebrei. Dovunque, in Belgio, Olanda, Francia, inizia la caccia agli ebrei, per strada nelle stazioni ferroviarie, nelle case. I perseguitati cercano diperatamente di varcare le frontiere con La Svizzera, molti passano nella clandestinità aiutati dalle popolazioni locali, dal clero cattolico, dalle associazioni valdesi, dai Quaccheri, dagli antifascisti, da rappresentanti diplomatici di paesi neutrali. L'Europa occidentale è un immenso serbatoio di centinaia di migliaia di persone in pericolo di morte. I tedeschi lo sanno bene perché durante la Conferenza di Wansee, il 20 gennaio del 1942, Heydrich Capo della Polizia del Reich, si presenta munito di un'indagine statistica di estrema precisione. L'idea è di assassinare 11 milioni di persone. L'American Joint non rimane inattiva: dalla neutrale Svizzera, tesse i fili per poter continuare la sua opera di assistenza anche nei confronti di quegli ebrei che sono passati nella clandestinità. Ci sono enormi difficoltà a far pervenire denaro nei paesi occupati. L'Europa è in fiamme, il governo americano non permette trasferimenti di dollari. In Italia, avvengono i noti rivolgimenti politici, l'8 settembre 1943 la maggior parte del suo territorio è occupato dai tedeschi e passa contemporaneamente sotto il regime della neofondata Repubblica Sociale Italiana. I tedeschi estendono anche qui la loro politica tesa all'assassinio degli ebrei locali. Ora non solo gli ebrei stranieri sono in pericolo perché si trovano in campi di internamento alla mercè dell'occupante ma anche gli ebrei italiani sono costretti a passare nella clandestinità. Dopo i primi mesi di arresti e deportazioni selvagge da parte dell'occupante tedesco, la RSI, prende saldamente in mano alcune istituzioni salienti come la polizia e la burocrazia statale, emana il 30 novembre 1943, proprie ordinanze antiebraiche. La situazione per gli ebrei, se possibile, si fa ancora più drammatica. E' la polizia italiana ora incaricata della caccia all'ebreo e del concentramento nel campo di Fossoli presso Carpi di Modena, da dove partiranno i treni di deportazione verso il campo di sterminio di Auschwitz in Polonia. In questa terribile situazione, che ne è della Delasem? La maggior parte dei suoi funzionari, troppo in vista per non essere oggetto di ricerche, valicano la frontiera con la Svizzera, non prima di aver organizzato una rete di soccorso clandestina in cui i protagonisti sono alcuni eroici ebrei rimasti sul posto e persone scelte tra il clero cattolico cui viene chiesto espresso aiuto. Le funzioni della Delasem si fanno sempre più difficili, quello che era stato fatto per gli ebrei profughi va fatto ora anche per gli ebrei italiani che, sotto il regime della Repubblica Sociale Italiana, sono a rischio di arresto e di deportazione. Vanno tutti aiutati, stranieri e italiani, nella ricerca di ricovero, di cibo, di carte annonarie false, di documenti falsificati in cui l'origine ebraica non emerga, vanno organizzati i passaggi in Svizzera, va organizzata la trasmissione di notizie tra le persone nascoste, il ricovero degli ammalati sotto falso nome, la sepoltura dei deceduti, vanno fatti pervenire pacchi e sussidi nei luoghi di prigionia, va fatta opera di intelligence per sapere le date di partenza dei convogli di deportazione. Tutto ciò richiede continui viaggi, molto denaro, copertura di società, ditte, privati, medici, ma soprattutto delle autorità ecclesiastiche. Si può dire che la rete organizzata della Delasem, con i suoi eroi: Massimo Teglio a Genova, il rabbino Nathan Cassuto e il suo gruppo a Firenze, Mario Finzi a Bologna, Settimio Sorani a Roma, Giorgio Nissim a Pisa e Lucca, non potè operare senza la rete organizzata delle autorità ecclesiastiche. Si tratta di due strutture che si vennero ad incontrare durante la guerra e che produssero un reticolo di solidarietà e il salvataggio di centinaia di persone, una vera epopea che è ora che venga alla luce. Il Joint è sempre generosamente disponibile a far avere denari in Italia. Le rimesse avvengono fisicamente, tramite passatori che dalla Svizzera si portano in spalle il denaro, o tramite prestiti temporanei da parte di persone abbienti di religione cattolica, in Italia cui viene promessa la restituzione del denaro a guerra finita. Trovare contatti giusti è lavoro difficilissimo, ma molti industriali accettano: gli Olivetti sono in prima fila, poi anche i Falck delle acciaierie, l'industria automobilistica Lancia. La ricerca è ancora agli inizi, mi propongo di indagare ulteriormente per ritrovarne altri. La centrale dell'attività clandestina sia dal punto di vista finanziario, sia dal punto di vista organizzativo è a Genova, presso il Cardinale Boetto il cui segretario, Don Repetto diviene cassiere della rete. Quale è il ruolo di Giorgio Nissim in questo immenso lavoro? Dico subito che la ricerca sull'attività di soccorso a Pisa, Lucca, Livorno, ancora in corso, non sarebbe stata possibile senza la passione civile e storica di due persone, Silvia Angelini e Paola Lemmi (autrici, assieme a Oscar Guidi del recente bel volume, L'orizzonte chiuso. L'internamento ebraico a Castelnuovo Garfagnana), e senza la collaborazione dell'Istituto storico della Resistenza in Toscana e dell'Istituto storico della Resistenza di Lucca che hanno raccolto in questi ultimi anni i segni concreti degli avvenimenti di cui stiamo parlando. All'interno dell'attività dell'Istituto lucchese e del suo direttore si colloca, tra l'altro, il pioneristico studio di Roberto Pizzi sugli ebrei in Lucchesia . Un grazie sincero va anche ai figli di Giorgio Nissim: Piero, Simona e Lydia, che hanno mantenuto un ricordo vivo e devoto del loro padre, custodendone amorevolmente i diari e i documenti e prendendo la sua opera come esempio del vivere etico. Giorgio Nissim, una volta che fu purtoppo sgominato il comitato fiorentino della Delasem arrestato al completo nel novembre del 1943 per una spiata cui seguirono drammatiche irruzioni nei conventi, rimase completamente solo a continuarne l'attività in Toscana. Si spostò da Pisa, sua città di origine, e mise il suo quartier generale a Lucca presso la Congregazione Diocesana dei Sacerdoti Oblati che aveva sede nei locali dell'ex seminario in Via del Giardino Botanico, sotto la diretta protezione dell'arcivescovo, Monsignor Torrini e il generoso aiuto dei sacerdoti Don Arturo Paoli, Don Sirio Niccolai, Don Guido Staderini, e Don Renzo Tambellini. Giorgio Nissim faceva convergere a Lucca gli ebrei italiani e stranieri munendo gli assistiti di un sistema di riconoscimento: mezze banconote da 50 lire, la cui altra metà era posseduta da Don Arturo Paoli che controllava i numeri di serie in sue mani una volta che gli si presentava una persona o un gruppo da aiutare. Il primo ricovero veniva procurato in città, nei locali stessi dell'ex seminario o presso i padri francescani della Chiesa di San Francesco, in attesa di trovarne altri più sicuri in provincia attraverso le conoscenze della rete dei parroci in Lucchesia ed in Garfagnana, al tempo, facente parte della diocesi di Massa. L'elenco delle località gradualmente emerge anche se ancora incompleto : Villacollemandina, Corfino, Sillico, Montuolo, Cerasomma, Marlia, Segromigno, Matraia, Valfreddana; a volte le canoniche come quella di don Guglielmo Sessi a Sillico a offrire rifugio altre volte i parroci si impegnano a trovare parrocchiani fidati presso cui inviare le famiglie da nascondere in questo senso opera attivamente don Lino Togneri parroco di Chiozza. Anche l'universo femminile conventuale dischiude la penombra dei chiostri in città e nei paesini della campagna:: le Suore dei Poveri Vecchi di Monte San Quirico, le Suore Mantellate e Passioniste. Uno dei luoghi privilegiati per il rifugio di donne ricercate e perseguitate furono le case delle Suore Oblate dello Spirito Santo (le Zitine) la cui Madre Generale, Suor Margherita Fontanarosa, aveva ricevuto dal Cardinale Elia Della Costa, Arcivescovo di Firenze, incoraggiamento a dare ospitalità alle persone in difficoltà a causa della guerra; le loro case infatti, a Lucca, a Matraia, a Roma furono amorevolmente aperte. Le Suore Ministre degli Infermi (suore Barbantini) assistettero malati ed aiutarono partorienti. I Certosini della Certosa di Farneta offrirono due loro case di campagna a Formentale per ricoverare gli anziani ebrei della Casa di Riposo di Livorno evacuata in massa grazie all'iniziativa di Giorgio Nissim e accolsero nelle loro celle, vestendoli da sacerdoti, diversi capofamiglia ebrei. La Certosa di Farneta fu purtoppo uno dei significativi luoghi di sacrificio e di martirio della Toscana. I frati che proteggevano antifascisti, ebrei, civili rifugiati nel loro territorio, furono accusati di tenere un arsenale di armi per la resistenza e barbaramente trucidati da militari tedeschi. Della rete di soccorso facevano parte ferventi cattolici come Ferdinando Martini del CLN di Lucca, padre di Maria Eletta qui presente, la rete dei collaboratori comprendeva molte persone la maggior parte rimaste ignote ognuna delle quali contribuiva quotidianamente ad azioni che è possibile ascrivere a quel fenomeno che va sotto il nome di resistenza civile. Nella rete di Giorgio Nissim e dei sacerdoti Oblati cooperarono con tutta probabilità inconsapevolmente le une dalle altre volenterose giovanette dell'A.C., nobildonne munifiche, donne della montagna, generose e astute vedette (che segnalavano con le loro lenzuola le attività dei tedeschi e dei fascisti, come ci racconta Cabib) medici come Enea Melosi, Frediano Francesconi, il prof. Tronci ed uomini della resistenza organizzata. Nissim, che era molto vicino al Comitato di Liberazione Nazionale (CLN), procurava documenti falsi sia per ebrei sia per antifascisti ricercati. Nella zona di Lucca l'intreccio tra organizzazione di soccorso ebraica, organizzazione di soccorso ecclesaistica e movimento cattolico della Resistenza è davvero inscindibile. L' attività di falsificazione veniva effettuatata nella casa degli Oblati con la collaborazione di un gruppo di laici tra cui il tipografo Ottavio Malanima di Via Nuova, il litografo Guido Angeli di via della Zecca, il signor Favilla, che fungeva da incisore e fabbricava timbri falsi. Il fotografo era l'avvocato Ragghianti dell'Azione Cattolica, i religiosi firmavano al posto del Podestà le carte d'identità falsificate. La ricerca affannosa dei documenti per attribuire identità false agli ebrei perseguitati ed anche agli altri ricercati o sospetti si muove tra Genova e Firenze fino a quando Giorgio Nissim comincia a far funzionare la "sua stamperia privata". A Lucca infatti in un primo tempo deve cercare carte non in bianco ma qualcuno che sia in grado di procurargliene già falsificate, successivamente, è lui stesso che, utilizzando carte in bianco ed i famosi timbri, le confeziona autonomamente. Talvolta anche i sacerdoti sono coinvolti direttamente in questi avventurosi e pericolosi viaggi, don Niccolai appunto ricorda con vivezza il viaggio che egli, accompagnanto da don Giorgio Bigongiari, (che successivamente verrà arrestato e fucilato come resistente) a Firenze per recuperare presso una libreria carte in bianco e una cospicua somma, ben 40.000 lire per le necessità degli assistiti, una evidente distribuzione di denaro proveniente dal Joint e sparso in Italia tramite la rete Delasem. Nella casa degli Oblati si tenevano anche riunioni del CLN, l'Arcivescovo Torrini era al corrente di tutto, nascondeva anzi direttamente a casa sua 4-5 antifascisti e fingeva che un ebreo, giunto profugo dalla Francia meridionale, di nome Lutz Greve, fosse il suo segretario. Nissim era infaticabile, incurante del pericolo, girava come una trottola, a piedi o in bicicletta, più malvontieri in treno a causa del pericolo di brutti incontri, in cerca di soluzioni ai problemi di tutti, andava a Genova a ritirare da Don Repetto denaro da consegnare all'amico fidato Don Paoli perché lo distribuisse agli ebrei nascosti. Andava a La Spezia a prelevare gruppi di profughi dalla Francia spediti colà da Genova. Agiva sotto il falso nome di Giorgio Niccoli, residente a Isernia. Questo luogo di residenza, situato in zona già liberata dagli angloamericani cioè senza possibilità di controllo da parte delle autorità fasciste, era il trucco classico di chi in zona occupata si dotava di documenti falsi. Nissim curava che ognuno lavorasse separatamente conoscendo poco dell'intero quadro per non far correre pericoli per sé e farne correre agli altri. Questa è forse la ragione per la quale per tanto tempo questa meravigliosa storia di eroismo e di solidarietà non è venuta pienamente alla luce. Soltanto nel 1999 l'istituto storico Yad Vashem di Gerusalemme, dedicato alla memoria delle vittime della Shoà e ai loro soccorritori, venuto a conoscenza del lavoro di Nissim, di Don Arturo Paoli e degli Oblati di Lucca decise di concedere ai generosi cattolici che soccorsero i loro fratelli ebrei il riconoscimento di Giusti fra le Nazioni che consiste nella piantagione di un albero e in una medaglia, ad eterna riconoscenza del popolo ebraico verso i fratelli non ebrei. Oggi che dobbiamo, che vogliamo dare un senso al nostro passato, sappiamo che ricordare l'eroismo di Nissim, la generosità e la solidarietà dei cattolici di allora verso gli ebrei in pericolo è un segno positivo e fecondo per marcare anche il nostro presente e, soprattutto il nostro così nebuloso futuro. Concludo con la formula ebraica dedicata agli scomparsi che fra noi non scompaiono mai: "Sia il suo ricordo in benedizione"!
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