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2006 articolo pubblicato sul bollettino delle comunità ebraiche

 

Le recenti riflessioni giornalistiche comparse sul Corriere della Sera hanno messo in luce che esistono due diversi riferimenti cattolici all'ostilità antiebraica: uno che si chiama antigiudaismo, l'altro che si chiama antisemitismo. Il sottinteso è che l'uno sia, o almeno sia stato, legittimo ed accettabile, il secondo no.

Frasi, sibilline ai più, come "la Chiesa non è mai stata antisemita, semmai antigiudaica, ma antisemita mai" vogliono dire la seguente cosa: l'antigiudaismo nella storia è stato utile per differenziare la fede cristiana (non ancora cattolica) da quella originale ebraica, giudicata superata e sterile, ma necessaria all'economia della salvezza. Ostinandosi a non convertirsi, gli ebrei dimostravano come la missione cristiana non fosse del tutto compiuta. Partendo da questo principio, la Chiesa stabilì che gli ebrei dovessero collocarsi all'interno dell'universo cristiano, ma in posizione subalterna. La loro presenza fu caricata di significati demoniaci che giustificarono di fatto: l'inquisizione, i roghi, le accuse di omicidio rituale, l'imposizione del segno, i ghetti e altre forme di persecuzione. L'unico modo per finire di questa maledizione per gli ebrei era di convertirsi.
L'antisemitismo è effettivamente tutt'altra cosa: è l'ostilità, insorta nella società laica di fronte al processo di Emancipazione degli ebrei nell' Ottocento, per il quale anch'essi ottennero l'equiparazione agli altri cittadini per quanto riguarda i diritti civili (cioè libertà di movimento, di associazione, di possedere proprietà, di accedere alle professioni libere, eccetera).
Strati sociali conservatori e reazionari videro negli ebrei i portatori dell'aborrito progresso e i demolitori dell'ordine sociale tradizionale. L'antisemitismo sociale dell'Ottocento si sposò alla fine del secolo con le nuove idee razziste che circolavano in Europa in una esplosiva miscela che determinò l'antisemitismo razziale propugnato dal nazismo, in cui nemmeno la conversione poteva sanare l'origine ebraica di un individuo.
Attenzione, la Chiesa fu fieramente contraria al razzismo perché questo, basandosi sulla qualità biologica dell'essere umano, negava la possibilità per ogni uomo di divenire simile all'altro e in particolare di divenire, anche se battezzato un buon cristiano. Fu dunque contraria al razzismo e anche alla particolare nuova ostilità antiebraica che si presentava sulla scena culturale sotto forma di antisemitismo razzista. Per la Chiesa, l'antisemitismo razzista e l'antigiudaismo tradizionale erano due elementi distinti e paralleli da non confondersi, benché avessero per bersaglio le stesse persone.
Con l'andare degli anni, il punto di vista della Chiesa sull' antigiudaismo non mutò affatto e fu tanto pervicace che sopravvisse alla constatazione della gravità della situazione che si venne a creare per gli ebrei dopo la salita al potere del nazionalsocialismo. Anzi la sua visione tradizionale dell'ebraismo venne ritenuta valida e propagata pericolosamente anche quando le scelte della Germania e dell'Italia si trasformarono chiaramente da politica di ostracismo in politica di persecuzione.
Lo specifico problema che ci è stato messo sotto gli occhi dal documento del Sant'Uffizio trasmesso a Roncalli, Nunzio apostolico a Parigi (o da lui ritrasmesso in francese all'Episcopato francese, questo aspetto non è stato chiarito), quello del diritto che la Chiesa madre acquisisce su di una persona battezzata una volta che la conversione sia avvenuta, suggerisce alcune considerazioni: a) la Chiesa ufficiale uscì immutata, con il suo patrimonio di credenze antigiudaiche, anche dalla Shoah; b) gli ebrei avevano sull'argomento il nervo scoperto e, per questo, responsabili ai più alti livelli vennero dal Papa per discutere del problema. Si conosce una visita di Ariè Kubovy, alto funzionario del Congresso Mondiale Ebraico del 18 settembre del 1945 e una del gran rabbino di Palestina Itzhak Herzog del 10 febbraio del 1946. Inoltre, Gerhard Riegner, altro funzionario del Congresso Mondiale Ebraico nell'ottobre-novembre 1945 si fece ricevere dall'allora Segretario di Stato Montini per sollevare la medesima questione.
Aggiungo che, con tutta probabilità, i casi rimasti irrisolti di bambini convertiti e non riconsegnati furono in Italia pochi o nulli. Conosco, uno per uno i nomi dei deportati e so come erano composte le famiglie, anche in Francia si conosce solo il caso Finaly, mentre poco posso dire per il Belgio e l'Olanda, dei quali non sono al corrente.

 

 

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