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I fuggitivi di Auschwitz

Il Diario, gennaio 2003

Il nome di Auschwitz, e ancor di più del suo sottocampo Birkenau, rimase ignoto all'Occidente per ben due anni dall'inizio dell'assassinio di massa che vi si stava perpetrando dal marzo del 1942. Nel giugno del 1942 erano giunte voci sulle esecuzioni in massa di politici polacchi là eseguiti ma nulla più, le notizie non facevano ancora riferimento al genocidio della popolazione ebraica attuata a Birkenau, ignoto probabilmente allo stesso movimento di Resistenza del campo.
Poco dopo, il 29 luglio, un'altra traccia: un industriale tedesco antinazista, Eduard Schulte, in viaggio a Zurigo denunciò il fatto che Himmler in persona avesse assistito nello stesso luglio alla gassazione nel Bunker n.2 ( uno dei primi impianti di sterminio) di un gruppo di ebrei. La notizia non fu evidentemente creduta perché ancora per lungo tempo, il nome di Auschwitz o di Birkenau legati al genocidio che vi si stava svolgendo rimase sconosciuto alle cancellerie occidentali, così come alle istituzioni ebraiche.
Il primo, confuso, riferimento ufficiale a Birkenau, in uno dei rapporti che le organizzazioni ebraiche internazionali stilavano periodicamente sul destino degli ebrei d'Europa, comparve in relazione alla deportazione degli ebrei dal ghetto di Theresienstadt in Boemia. Il 6 settembre 1943, due trasporti erano giunti a Birkenau e i deportati erano stati incoraggiati ad inviare cartoline postali ai loro parenti ed amici a Theresienstadt stesso o in Cecoslovacchia. L'indirizzo dei mittenti delle cartoline-beffa, che servivano a dimostrare che i deportati erano in vita e stavano relativamente in buone condizioni, era "Birkenau, bei Neuberun, Ost Oberschlesien" (Neuberun era in effetti una cittadina a qualche miglia di distanza da Birkenau).
Nessuna istituzione occidentale aveva fino ad allora messo in relazione il nome di Auschwitz che cominciava a ricorrere nelle informative, con Birkenau, né quest'ultimo con lo sterminio.
Molto più tardi, nel marzo del 1944, ambienti della resistenza polacca riuscirono a far sapere al console polacco a Instanbul che tra l'estate del 1942 e l'autunno del 1943, 850.000 ebrei erano stati gassati ad Auschwitz (nessuna menzione venne fatta di Birkenau). Per la prima volta fu rivelato dove fossero spariti gli ebrei caricati sui treni dei vari paesi occupati e diretti "verso ignota destinazione". Anche questa volta, benché la notizia fosse stata pubblicata in polacco sul Bollettino del consolato, non fu notata, né dagli Alleati, né dalle organizzazioni ebraiche.
Il 24 marzo 1944, il Presidente degli Stati Uniti, tenendo conto delle informazioni giuntegli da varie fonti fin dagli inizi del 1942 sull'assassinio degli ebrei in Polonia, ma senza riferimenti specifici a luoghi e situazioni, dichiarò che chiunque avesse partecipato alle deportazioni degli ebrei verso la loro morte in Polonia sarebbe stato, dopo la guerra, punito. Nel medesimo senso si espresse il Ministro degli Esteri inglese Anthony Eden qualche giorno dopo.
In nessuna delle due dichiarazioni si fece però menzione né di Auschwitz, né di Birkenau.
La stessa mancanza di riferimenti precisi al campo di sterminio si nota nella riunione che rappresentanti delle organizzazioni ebraiche internazionali tennero a Ginevra ai primi di aprile 1944 con diplomatici statunitensi durante la quale si parlò soprattutto della tragica sorte degli ebrei della Transnistria e degli impianti di sterminio di Treblinka.
Nessuna notizia precisa e definitiva sul fatto che Birkenau a quel tempo fosse divenuto il maggior centro di sterminio per gli ebrei europei, fu presa in considerazione e fatta circolare.
Ci volle il rapporto di Walter Rosenberg (alias Rudolf Vrba) e di Alfred Wetzler della fine di aprile 1944 perché la realtà venisse completamente alla luce. Erano questi due evasi da Birkenau che rivelarono che cosa stava succedendo dentro alla cosidetta "Zopna di interesse" di Auschwitz la vasta area attorno al campo resa deserta dalle autorità tedesche per non permettere nessun contatto tra i prigionieri ivi deportati e la popolazione civile circostante. Ma come si erano svolti i fatti? Come erano fuffiti i due?
Diciamo subito che i fuggitivi da Auschwitz-Birkenau non furono tanti, in tutto cinque, perché era tale il timore di venire scoperti da parte tedesca che la sorveglianza era strettissima: oltre alla zona di sicurezza di parecchi chilometri, barriere di filo spinato percorse da corrente elettrica, guardie scelte munite di cani appositamente addestrati in un canile interno al campo, una rigida disciplina interna gestita da un'organizzazione piramidale dei prigionieri stessi, resi responsabili ognuno per i propri sottoposti.
Vrba e Wetzler, rinchiusi ad Auschwitz dalla metà del 1942, il 7 aprile del 1944, dopo minuziosi e lunghi preparativi, riuscirono in maniera rocambolesca a fuggire dal campo. Rimasero nascosti sotto una pila di legname, nel settore BIII di Birkenau in costruzione, per tre giorni consecutivi, mentre gli SS del campo davano loro la caccia con i cani.
Dopo 18 giorni di un disperato percorso a piedi, il 25 aprile, i due fuggitivi raggiunsero la Slovacchia. Nella cittadina di Zilina , riuscirono a mettersi in contatto con notabili ebrei in clandestinità. Il 27 avevano già preparato un rapporto scritto. Era stato chiesto loro di redigerlo separatamente in due stanze diverse. Così fu fatto. Alla fine i due memorandum furono riuniti in un unico testo in 60 pagine dattiloscritte, parzialmente in Slovacco, parzialmente in tedesco.
Il loro fu il primo dettagliato resoconto sul meccanismo dello sterminio di massa applicato dentro a Birkenau, luogo fino ad allora quasi totalmente ignoto agli osservatori occidentali.
Essi descrissero il campo, la sua planimetria , i suoi impianti di sterminio, l'organizzazione interna e il servizio di sorveglianza , il sistema della numerazione dei detenuti, la vita di ogni giorno, le reazioni degli SS alle fughe dei prigionieri, le selezioni iniziali sulla banchina di arrivo (le rampe), le selezioni interne, le punizioni, le uccisioni, le uccisioni di massa con il gas.
Il proposito del rapporto fu di avvertire il mondo occidentale ed indurlo ad intervenire. Entro la fine di aprile del 1944, raggiunse i leader delle comunità ebraiche a Bratislava e a Budapest.
In Ungheria, dove dal 15 maggio erano iniziate le massicce deportazioni verso Auschwitz il rapporto iniziò a circolare solo nel giugno successivo, mentre in Slovacchia esso fu subito consegnato dai due leader, il rabbino Michael Dov Weissmandel e Gisi Fleischmann, a Giuseppe Burzio, l'Incaricato d'Affari Vaticano a Bratislava . Sembra che Monsignor Burzio abbia mandato il rapporto in Vaticano il 22 maggio del 1944 ma che questo raggiunse la destinazione solo alla fine di ottobre.
Un'altra copia del rapporto Vrba-Wetzler , inviato tramite la resistenza slovacca, raggiunse Jaromir Kopecki, rappresentante diplomatico del governo slovacco in esilio di stanza in Svizzera.
Il messaggio raggiunse il segno, Kopecki si mise subito in contatto con Fritz Ulmann, rappresentante dell'Agenzia Ebraica per la Palestina e con il segretario del Congresso Mondiale Ebraico Gerhart Riegner di stanza a Ginevra. Nello stesso tempo fece pervenire il rapporto, come richiesto da Weissmandel e Fleischmann, assieme alla loro lettera datata 22 maggio 1944, al rabbino Shoenfeld di Londra.
La distruzione dell'ebraismo ungherese era ormai inesorabilmente in corso, egli incluse nel messaggio i suggerimenti dei due leader slovacchi afffinchè: 1) il Foreign Office informasse gli altri governi alleati, soprattutto quelli che avevano loro cittadini rinchiusi nel campo e che indirizzasse un ammonimento ai tedeschi e agli ungheresi secondo cui i tedeschi che erano nelle mani dei governi Alleati avrebbero subito delle ritorsioni,2) si bombardassero i crematori, distinguibili dalle alte ciminiere e dalle torrette di guardia,3) si bombardassero le maggiori vie di comunicazione tra la Slovacchia e l'Ukraina Sub-Carpatica, 4) si usasse il rapporto per una larga campagna di sensibilizzazione, senza citarne la fonte, 5) si rendessero pubblici gli ammonimenti ai tedeschi e agli ungheresi, 6) si chiedesse al Vaticano di pronunciare una dura condanna pubblica, 7) il Foreign Office informasse il Congresso Mondiale Ebraico e l'Agenzia Ebraica di Londra.
Il 26 maggio, Kopecki, mandò un estratto del rapporto anche al governo cecoslovacco in esilio a Londra aggiungendovi la testimonianza di un terzo transfuga da Auschwitz, Jerzy Tabeau un ufficiale dell'esercito polacco che il 19 novembre del 1943 precedente era riuscito ad evadere con l'assistenza della Resistenza del campo.
Kopecki si mise poi in contatto, assieme a Riegner, sia con il rappresentante a Londra del War Refugee Board, sia con il Comitato della Croce Rossa Internazionale. Questa volta Kopecki fu in grado di fornire notizie anche sulle tragiche deportazioni dall'Ungheria, iniziate il 15 maggio che il rapporto Vrba-Wetzler non dava perché precedente a tale avvenimento.
In effetti due altri ebrei erano riusciti a fuggire da Auschwitz il 27 maggio e avevano raggiunto la Slovacchia il 6 giugno 1944 rifacendo la stesso percorso di Vrba e Wertzler. Erano il polacco Czeslaw Mordowicz e il cecoslovacco Arnost Rosin che dettero un resoconto dei primi arrivi degli ebrei ungheresi e della loro uccisione di massa.Essi si incontarono con i primi due fuggitivi nel loro rifugio a Liptovsky Svaty Mikulas, ai piedi dei monti Tatra.
Nel frattempo un'altra edizione, abbreviata e in inglese, del rapporto inviata il 19 giugno da Moshe Kraus dell'Ufficio palestinese a Budapest, completo del racconto delle deportazioni dall'Ungheria, raggiunse la Svizzera. Essa conteneva la notizia che più di 430.000 ebrei erano stati deportati dall'Ungheria verso Birkenau. Il rapporto arrivò sotto gli occhi del giornalista inglese Walter Garrett. Da allora vari servizi furono diffusi attraverso Radio Londra e articoli sul genocidio in atto ad Auschwitz apparvero, sulla stampa inglese e svizzera.
Il rapporto fu poi inviato, alla fine di giugno personalmente da Kopecki a Londra al presidente della Repubblica cecoslovacca in esilio Edvard Benes, che a quell'epoca ne era già al corrente. Il 4 luglio 1944, questi rivolse un appello ai governi alleati per un intervento diretto con ammonizioni alla Germania, in favore di bombardamenti sui crematori di Auschwitz e sulla linea ferroviaria. La risposta del Foreign Office, del 29 luglio, alla nota cecoslovacca, dopo consultazione con gli Stati Uniti, fu sconsolante: si assicurava che "erano state prese tutte le misure necessarie per il salvataggio delle vittime", misure che però corrispondevano soltanto all'impegno nel portare avanti la guerra con successo.
I rapporti dettero origine a una relazione pubblicata a Washington a cura dell'Executive Office of the President del War Refugee Board nel novembre del 1944 in 59 pagine (Documento presentato al processo di Norimberga NO 022-L). Contemporaneamente il rapporto fu pubblicato anche in Svizzera in due diverse versioni, l'una dal titolo "L'éxtérmination des Juifs en Pologne. Depositions et temoins oculaires", pubblicata a Ginevra a cura del dottor A.Silverschein, un'altra dal titolo "Souvenirs de la maison des morts. Le massacre des Juifs" in 76 pagine senza data e senza luogo di edizione, ma di sicura origine svizzera.
La stampa americana prese coscienza del contenuto dei rapporti dei 5 fuggitivi di Auschwitz solo sette mesi dopo la loro estensione. Dopo la pubblicazione del War Refugee Board, il New York Times ne pubblicò un ampio estratto.
Troppo tardi perché la commozione dell'opinione pubblica potesse influenzare le decisioni alleate di non bombardare Auschwitz e salvare almeno gli ebrei ungheresi.

 

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