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RASSEGNA STAMPA

Corriere della Sera
11/02/2013  

pagina:  59

Non si può restare inerti davanti al Negazionismo
Shoah come reagire alle falsificazioni
Liliana Picciotto

Venerdì di Repubblica
21/01/2011  

Quando la banalità del male abitava al Fossoli Camp
Come è possibile che nessuno si sia accorto del lager Italiano, anticamera di Auschwitz? Un libro ora racconta. Complicità, vigliaccherie e guadagni. Citando Primo Levi
Jenner Meletti

L’Unione informa
02/12/2010  

pagina:  Pagine Ebraiche

Fossoli, l'alba li colse come un tradimento
Era la sera del 30 novembre 1943 quando tutte le Prefetture d’Italia ricevettero dal ministero dell’Interno un ordine che i Prefetti impiegarono solo poche ore a diramare alle Questure.
Liliana Picciotto

Pagine ebraiche
01/10/2010  

pagina:  30 - 31

Memoria della Salvezza Un'indagine parallela sul dramma degli anni bui
Liliana Picciotto

Corriere della Sera
01/06/2010  

pagina:  39

La vera storia degli ebrei che ispirarono a Levi Se non ora, quando?
Avvenne nel '42 in Bielorussia
Liliana Picciotto

L'Unione informa
03/05/2010  

Qui Torino - Italiani brava gente, ma non sempre
Manuel Disegni

www.moked.it
12/04/2010  

Liliana Picciotto presenta Un paese non basta di Arrigo Levi
Liliana Picciotto

Bollettino della Comunità Ebraica di Milano
04/04/2010  

pagina:  35

IL TRADIMENTO: EBREI ITALIANI CONSEGNATI AI NAZISTI
Arrigo Levi presenta a Carpi il libro di Liliana Picciotto
Aurelio Ascoli

Piccolo di Trieste
19/03/2010  

STORIA. ”L’ALBA CI COLSE COME UN TRADIMENTO” DI LILIANA PICCIOTTO
"gli orrori del campo di concentramento di fossoli"
Marco Coslovich

east
01/02/2010  

pagina:  Numero 28

Picciotto: quegli ebrei nel campo di Fossoli
Marina Gersony

Corriere della sera
27/01/2010  

pagina:  32

L'opera Liliana Picciotto e le colpe della Rsi
Fossoli, i repubblichini nel cono d’ombra dell’Olocausto ebraico
Antonio Carioti

L'Osservatore Romano
27/01/2010  

pagina:  5

La vacuità del mito degli “italiani brava gente” in un volume sul lager nazifascista di Fossoli
Nessuno si chiedeva perchè
Gaetano Vallini

L'espresso
22/01/2010  

pagina:  64

Quell'Italia complice dell'olocausto
Gian Luca Di feo

Bollettino della Comunità Ebraica di Milano
03/01/2010  

pagina:  28 - 29

Indifferenza. Il male è libero di agire
Ebrei italiani traditi e consegnati ai tedeschi; da Fossoli ad Auschwitz, nel pozzo dell’angoscia
Alessandro Dusio Schapira

Pagine ebraiche
02/01/2009  

pagina:  26

Pio XII, lasciamo che a parlare sia la storia
Liliana Picciotto

Sulla Stampa del 23 dicembre Arrigo Levi, nel fondo Le parole necessarie su Pio XII, cita più parti della mia postfazione al libro I Giusti d'Italia, compendio di tutti i casi di italiani riconosciuti da Yad Vashem come Giusti fra le nazioni. In quel saggio rendevo merito al mondo cattolico in senso lato per la generosità usata verso gli ebrei all'epoca delle persecuzioni, senza però chiamare in causa direttamente la figura di papa Pio XII. Gran parte degli ebrei sopravvissuti in Italia deve la vita a generosi appartenenti alla società civile: vicini di casa, medici, custodi, domestiche, contadini, insegnanti, cattolici clericali o laici. La Fondazione Cdec di Milano sta realizzando da ormai tre anni una ricerca per riuscire a dire una parola obiettiva di storia su tutte le circostanze che portarono alla salvezza di almeno 22 - 23 mila persone. Il progetto, dal titolo Memoria della salvezza (sostenuto parzialmente anche dall'UCEI), sarà reso pubblico in un prossimo apposito seminario a Milano o a Roma. Dalla ricerca emerge già chiaramente che una parte notevole dei soccorsi venne dal mondo cattolico, da associazioni come la San Vincenzo di Milano, presieduta da Giuseppe Sala, che creò una rete di soccorso per procurare carte false, rifugi, accompagnamento in Svizzera; o l'organizzazione di preti cattolici Oscar a Varese, di cui fece parte l'indimenticabile, tuttora validissimo monsignor Barbareschi. L'Azione cattolica si adoperò in molte città: chi può dimenticare l'opera di Odoardo Focherini di Carpi, egli stesso arrestato per la sua opera e vittima della deportazione. I cardinali Boetto a Genova e Dalla Costa a Firenze e il vescovo Nicolini ad Assisi diedero fondamentale soccorso ai rifugiati stranieri e poi agli ebrei locali. Conventi e case religiose si aprirono durante la guerra con generosità rivolta a tutti i fuggitivi e i perseguitati. Non c'era bisogno di un ordine specifico del Papa perché i cattolici esercitassero la carità, ho sempre pensato che fosse far torto alla Chiesa cercare un documento del genere. Non si trova una carta scritta con l'ordine specifico di salvare gli ebrei, per il semplice fatto che non esiste. Gli ebrei furono salvati infatti nel quadro del soccorso prestato a migliaia di bisognosi. L'Italia del 1943 - 1945 era divisa in due, quella ufficiale, che lavorava, circolava, comprava il cibo contingentato, e quella sommersa in clandestinità, fatta di imboscati per evitare il lavoro coatto, di renitenti alla leva, di antifascisti inseguiti dalla polizia, di prigionieri alleati in fuga. Senza l'Italia ufficiale, quella sommersa non avrebbe potuto resistere. La rete delle istituzioni religiose era il rifugio ideale ed è logico che gli appartenenti all'Italia sommersa si siano rivolti prima di tutto da quella parte. Gli ebrei, che erano quelli in maggior pericolo di vita, sono stati aiutati più degli altri perché proporzionalmente erano il gruppo più numeroso. A Roma dopo la retata di 1021 persone del 16 ottobre 1943, circa diecimila ebrei erano in pericolo e seimila si salvarono in vario modo: presso contadini della campagna o all'interno di appartamenti di amici e conoscenti. Circa quattromila furono accolti nelle case religiose. È un numero enorme e per questo la Chiesa va ringraziata e ricordata nelle generazioni future. Da qui a passare alle considerazioni sul comportamento della diplomazia vaticana rispetto alla Shoah, c'è una grande distanza... Qualsiasi cosa Pio XII pensasse o dicesse nel chiuso della sua stanza, di fatto, non disse una parola (una parola chiara s'intende) in difesa degli ebrei bersaglio del genocidio nazista, né mosse un dito per impedirlo. Il Vaticano si comportò come un normale stato neutrale, preoccupato di conservare i privilegi politici discendenti da questo status, e non considerò il massacro degli ebrei un problema etico, ma un problema politico - diplomatico. Così facendo, a nostro avviso, fece una scelta sciagurata perché da una parte molti ebrei, non solo in Italia, ma in tutta Europa, ascoltando pubbliche parole allarmate da parte del Pontefice si sarebbero forse resi più sospettosi e attenti al dramma che li stava investendo, e, d'altra parte, i cattolici stessi sarebbero stati indotti a usare maggior generosità. In definitiva, se proprio volessimo fare la storia con i se e con i ma, è sicuro che se ne sarebbero salvati un maggior numero. Sarebbe bene che gli storici, nelle loro ricerche e riflessioni, tenessero distinti il piano della diplomazia vaticana e il piano dell'esercizio della carità cristiana.

 Siamo francamente stanchi di assistere ad una tenzone che più o meno si materializza così: da una parte si sente accusare "Voi durante la Shoah siete stati silenti e quindi consenzienti", dall'altra si sente rispondere "Sì, però abbiamo salvato molti ebrei". Il fatto è che sono vere entrambe le cose, ma che non vanno messe sulla stessa bilancia in funzione polemica. È tempo di interrompere il circolo vizioso che non fa bene a nessuno, e tantomeno all'accertamento della verità storica. La ricerca nazionale per arrivare a dire, caso per caso, chi furono e quanti furono gli ebrei salvati, ma soprattutto chi e quanti furono i loro salvatori, potrà conferire alle nostre convinzioni quella solidità, la cui mancanza permette per ora solo giudizi approssimativi.

L'apertura degli archivi vaticani potrà conferire alla storia ben pochi nuovi elementi di giudizio. Già dagli undici volumi dei documenti diplomatici vaticani sulla seconda guerra mondiale, conosciuti e compulsati solo da pochi specialisti, si evince in maniera inequivocabile l'atteggiamento vaticano verso la Shoah. Anche l'attitudine riguardo alla retata del 16 ottobre a Roma è espressa nel resoconto che ne fa il segretario di stato cardinal Maglione: inquietanti parole, dette con inquietante tono sottomesso all'ambasciatore tedesco in Vaticano poche ore dopo (o forse addirittura durante) il rastrellamento del 16 ottobre 1943. Il corpo diplomatico vaticano, questa volta, si spinse forse troppo oltre nella sua neutralità. Se ne stupirono perfino gli occupanti tedeschi e l'ambasciatore Weiszaecker rimase con il fiato sospeso in attesa di una reazione vaticana fino alla pubblicazione sull'Osservatore Romano del 25 - 26 ottobre 1943 di uno sbiadito fondo dal titolo La carità del Santo Padre con accenni quanto mai vaghi alla deportazione degli ebrei romani, in maggioranza già assassinati due giorni prima ad Auschwitz (la data di arrivo del tragico trasporto è il 23 ottobre).

Il 28 ottobre potè mandare un tranquillizzante messaggio al suo capo, il ministro degli Esteri von Ribbentrop, nel quale diceva: "... In data 25/26 ottobre ‘L'Osservatore Romano' ha pubblicato, con particolare rilievo, un comunicato ufficioso sull'attività caritatevole del Papa nel quale, nello stile tipico del giornale vaticano, assai nebuloso e contorto, si dice che il Papa fa beneficiare della sua benevolenza paterna tutti gli uomini, senza differenza di nazionalità, religione, e razza. Si dice inoltre che le molteplici attività di Pio XII si sono ulteriormente moltiplicate in questi ultimi tempi per le grandi sofferenze di tanti disgraziati. Contro questa pubblicazione, credo che non si possono fare obiezioni tanto più che il suo testo, che è qui allegato in traduzione, sarà da pochissimi preso come allusione alla questione ebraica". Sinceramente, mi sembra molto difficile davanti a questi documenti scindere "la testimonianza di vita cristiana data dalla persona" dalla "valutazione della portata storica di tutte le sue scelte operative", come richiesto dall'accertamento delle "virtù eroiche" quale passo determinante del processo di beatificazione.

 

Vanity fair
  

L'amore italiano non la salvò da Auschwitz
Il 27 gennaio si ricordano le vittime della Shoah. La storica LILIANA PICCIOTTO ne ricorda una in particolare
Liliana Picciotto

Moked
  

Memoria - Milano, il nuovo libro di Liliana Picciotto