Tra il dicembre del 1943 e l'agosto del 1944 da Fossoli transitò anche il giovane Primo Levi. Catturato dalla Milizia fascista in quanto politico ma riconosciuto come ebreo, più tardi scriverà con parole colme di angoscia il momento del suo arrivo ad Auschwitz: "L'alba mi colse come un tradimento...". Ed è proprio il grido di Primo Levi a ispirare il titolo dell'ultimo libro di Liliana Picciotto L'alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944, prefazione di Giorgio Napolitano. Ne abbiamo parlato con l'autrice, che a proposito delle autorità italiane...
Erano 2844 gli ebrei in transito nel campo di concentramento di Fossoli. Dopo essere stati perseguitati, braccati e stanati, sono stati infine arrestati per ordine di un iniquo governo che per loro aveva già pianificato il futuro: la Soluzione finale. Allestito dagli italiani nel 1942 come campo per prigionieri di guerra, fu ampliato dalla Repubblica Sociale Italiana (Rsi) e utilizzato come campo di concentramento nazionale per tutti gli ebrei d'Italia. Vi si sovrapposero gli occupanti tedeschi che lo ridenominarono Polizei und Durchgangslager (Campo di polizia e di transito), utilizzandolo per la deportazione degli ebrei e di oppositori politici nei lager nazisti. Era un campo ben organizzato e poco distante dallo snodo ferroviario di Verona, che si estendeva su una vasta area agricola vicino a Carpi. Erano i mesi tra il dicembre del 1943 e l'agosto del 1944. Da fossoli transitò anche il giovane Primo Levi. Catturato dalla Milizia fascista in quanto politico ma riconosciuto come ebreo, più tardi scriverà con parole colme di angoscia il momento del suo arrivo ad Uascwitz: "L'alba mi colse come un tradimento...".
Ed è proprio il grido di Primo Levi a ispirare il titolo dell'ultimo libro di Liliana Picciotto, uscito in occasione del Giorno della Memoria (L'alba ci colse come un tradimento. Gli ebrei nel campo di Fossoli 1943-1944, Mondatori. Prefazione di Giorgio Napolitano): un libro dove per la prima volta si fa una ricerca scientifica su quel campo dove sono passati circa un quarto degli ebrei arrestati e deportati dall'Italia. Studiosa del Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec) e autrice di numerose e importanti opere sulle vicende degli ebrei in Italia (pensiamo soltanto al Libro della memoria, un lavoro monumentale che rappresenta la concreta materializzazione di ciò che la Shoah è stata in Italia), la storica ci parla di questo suo ultimo saggio, fondamentale per la storia del nostro Paese e della persecuzione antiebraica. Uno studio che dovrebbe essere nella biblioteca di ogni scuola e di ogni casa.
Come mai ha deciso di scrivere questo libro? Mi sono accorta che mancava una ricerca specifica su questo tema. Pochi luoghi in Italia sono stati al centro della Shoah come Fossoli di Carpi. Questa semplice verità non era nota a tutti per mancanza di documentazione e di dati precisi.
Cosa ha scoperto di nuovo? Dalla ricerca è emerso che Fossoli non fu un solo e unico campo, bensì un insieme di campi attivi sullo stesso territorio che si avvicendarono o convissero: da quello per i prigionieri di guerra amministrato dalle autorità militari a quello per i detenuti politici da deportare, da luogo di passaggio per i rastrellati da avviare al lavoro a quello per internati civili. La Fondazione di Fossoli (VEDI BOX A PAGINA 133) sta svolgendo un lavoro capillare e approfondito per far luce su queste molteplici realtà, affidando a diversi storici dei progetti di ricerca specifici. Per ora ci siamo concentrati sul campo come luogo di persecuzione degli ebrei d'Italia escogitato dai governanti della Rsi, cui si sovrapposero gli occupanti nazisti con la loro struttura poliziesca e amministrativa.
Una perfetta collaborazione tra italiani e tedeschi quindi. Tutto iniziò quando il governo di Salò decise di emanare una legge autonoma italiana per la ricerca e l'arresto di tutti gli ebrei del territorio in un apposito "Campo di concentramento nazionale per gli ebrei". Nella stessa legge del 30 novembre del 1943, emanata dal capo della Polizia Tamburini, era incluso l'ordine per la confisca dei beni in attesa del sequestro definitivo. Da quel momento i commissariati di Pubblica sicurezza e le tenenze dei carabinieri in tutte le province si scatenarono negli arresti. Iniziarono le retate tristemente note, casa per casa, senza risparmiare nessuno. Prendevano qualunque ebreo capitasse loro a tiro, donne, uomini, anziani e bambini e li portavano a Fossoli. Una pagina nera della nostra Storia.
Perché proprio a Fossoli? Precedentemente, quando erano stati i tedeschi stessi a organizzare le retate, come quella tristissima di Roma del 16 ottobre 1943, le deportazioni partivano dalle grandi città, Ma poi, con l'emanazione delle leggi di internamento da parte italiana, si usufruì del campo di Fossoli: da là tutto era più semplice e più organizzato. In un primo tempo il campo era sotto la responsabilità della Questura di Modena. Poi iniziò una seconda fase in cui i nazisti si servirono dei prigionieri che gli italiani avevano messo loro a disposizione su un piatto d'argento. I tedeschi non hanno fatto altro che prenderli e deportarli. Di fatto gli italiani hanno facilitato il lavoro alle autorità di occupazione.
Un lavoro sporco Penso che ci fosse un qualche accordo tra gli italiani e i tedeschi. La prima parte del lavoro lo facevano gli italiani, i tedeschi facevano il resto. Sì, era un lavoro sporco
Dunque per parafrasare il controverso libro di Daniel Goldhagen uscito nel 1997, anche gli italiani sono stati dei "volenterosi carnefici di Hitler" ? Gli italiani se potevano davano una mano, senza esporsi troppo e quando non era in gioco la loro sicurezza (salvo pochi fulgidi esempi, come quello di Odoardo Focherini di Carpi, che rischiò di persona e morì deportato). Ma non possiamo generalizzare. Ci sono storie di carabinieri generosi che hanno cercato di avvisare dei prossimi arresti le loro vittime e questurini che hanno tolto le manette ai detenuti, ci sono storie di persone altruiste ovunque. Ma queste azioni non sono sufficienti a riscattare il nostro apparato politico. Né quello burocratico-amministrativo nel suo insieme per le gravissime colpe di allora. Erano situazioni e circostanze sicuramente contraddittorie. Riguardo alla sua domanda, questo è un tema che rientra in un campo sociologico che non mi compete. Posso però affermare che i primi mattoni della strada lastricata per Auschwitz furono posti dalle autorità italiane. D'altra parte al Cdec stiamo conducendo una ricerca specifica sul comportamento degli ebrei di fronte alla Shoah che si stava scatenando su di loro e il parallelo atteggiamento della società civile di fronte alla medesima emergenza. Alla fine di questo progetto potrò essere più precisa sul comportamento degli italiani di allora
Cosa intendeva dire quando parlava di un accordo fra italiani e tedeschi ? Una cosa è chiara: gli ebrei in Italia erano 35mila. Dopo la legge del 30 novembre che ordinava il loro invio in appositi campi di concentramento, c'è da chiedersi come le autorità pensassero di far star tutti in un campo che al massimo poteva contenere 3mila persone. A questo punto il dubbio sorge naturale. Posso dire che benché non si sia trovato il documento formale di un accordo politico tra i vertici italo-tedeschi, ma solo accenni sparsi in vari documenti, il meccanismo messo in atto dagli italiani in questa operazione è evidente: dalle ricerche all'individuazione degli ebrei fino al loro arresto, alla detenzione nel campo e alla consegna ai tedeschi pronti a spedirli nei lager.
A proposito della popolazione circostante al campo e dei responsabili locali: quale era il loro atteggiamento ? Cosa dire di tutto quel gran movimento che si era creato intorno al campo? Forniture di utensili, di vettovaglie, di alimenti? Possibile che gli abitanti del circondario di Fossoli non avessero notato quel continuo via vai di gente, quei continui convogli in partenza, a scaglioni, mentre il campo si riempiva e si svuotava ciclicamente? E il Questore e il Prefetto di Modena? Lascio la domanda in sospeso.
Gli ebrei in transito a Fossoli, secondo i dati, sono 2844 La cifra è questa. Ho ricostruito tutti i convogli di ebrei partiti da Fossoli con le date di partenza e di arrivo ad Auschwitz e in altri lager, con i numeri di matricola attribuiti, con i dati relativi all'immatricolazione o all'uccisione immediata. Ho utilizzato centinaia di documenti e decine di testimonianze oltre che essermi appoggiata naturalmente su una solida bibliografia scientifica.
I prigionieri si rendevano conto che stavano per essere caricati sui convogli per andare incontro alla morte? Il comandante tedesco Karl Titho dichiarò di non volere guai. Aveva quindi deciso come strategia di non usare violenza all'interno del campo di Fossoli. A partire dal suo vice che era gentile e tranquillizzava i detenuti. Diceva loro di non agitarsi, di stare tranquilli, che ogni cosa sarebbe andata per il meglio. Tutto questo rendeva l'arrivo nei lager ancora più atroce, disumano e traumatico. Un incubo senza nome.
La Fondazione ex campo Fossoli
La Fondazione ex campo Fossoli è stata costituita nel gennaio 1996 dal Comune di Carpi e dall'Associazione Amici del Museo al deportato (http://www.fondazionefossoli.org). Gli obiettivi della Fondazione, che non ha scopo di lucro, sono la diffusione della memoria storica mediante la conservazione, il recupero e la valorizzazione dell'ex campo di concentramento di Fossoli; la promozione della ricerca storico-documentaria sul Campo di Fossoli nelle sue diverse fasi di occupazione; la progettazione e l'attivazione di iniziative a carattere divulgativo, didattico e scientifico, rivolte in particolare alle scuole e ai giovani, negli ambiti di competenza propri della Fondazione, nonché dei diritti umani e dell'educazione interculturale
La Fondazione svolge attività di raccolta di documenti e testimonianze, di ricerca storica sul Campo di Fossoli e promuove attività didattiche e culturali sui temi di carattere storico. Dal 2001 si occupa direttamente della gestione dell'ex campo di concentramento di Fossoli e del Museo Monumento al Deportato Politico e Razziale. La Fondazione è guidata da un Consiglio di Amministrazione presieduto da Lorenzo Bertucelli. Direttore della Fondazione è Marzia Luppi. Il Comitato scientifico è composto da Lutz Klinkhammer (presidente), Luciano Casali, Andrea Canevaro, Alberto De Bernardi, Antonio Parisella, Liliana Picciotto, Nicola Tranfaglia.
Liliana Picciotto (Il Cairo, 1947) è una storica italiana, specializzata nello studio della storia degli ebrei in Italia nel periodo fascista e durante la Repubblica di Salò. Laureata in Scienze Politiche, dal 1969 lavora presso il Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea (Cdec) di Milano di cui è la direttrice dell'archivio storico. La sua opera più importante è la ricerca sulla deportazione degli ebrei dall'Italia sfociata, nel 1991, nella pubblicazione del volume Il libro della memoria. Gli ebrei deportati dall'Italia, che contiene l'elenco quasi esclusivo degli ebrei deportati dall'Italia ai campi di sterminio. Questa ricerca, in continua evoluzione, ha ricevuto premi internazionali e riconoscimenti in molti paesi europei e americani, nonché nello stato di Israele.
È autrice insieme a Marcello Pezzetti del film documentario Memoria, per la regia di Ruggero Gabbai, contenente le interviste ai superstiti Italiani della Shoah. Il documentario è stato selezionato ai Festival del Cinema di Berlino, Norimberga e Gerusalemme del 1997. Sempre con Pezzetti, ha realizzato l'opera multimediale Destinazione Auschwitz (2000, 2001, 2002), una vera e propria enciclopedia multimediale in cd rom sulla storia della Shoah, contenente migliaia di ricostruzioni multimediali, fotografiche, e filmate della Shoah e della storia del campo di sterminio di Auschwitz. È stata anche consulente storica per alcuni film sulla Shoah, tra i quali Jona che visse nella balena di Roberto Faenza del 1993, e il documentario di Rai 3 Per ignota destinazione del 1995. Attualmente sta approfondendo la tematica dei "Giusti tra le nazioni" che nella Repubblica di Salò salvarono gli ebrei dallo sterminio. Nel 2006 i risultati della ricerca, non ancora conclusasi, sono stati pubblicati, per la Arnoldo Mondadori Editore, all'interno del volume I giusti d'Italia - I non ebrei che salvarono gli ebrei.
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